venerdì 17 ottobre 2008

Eutanasia e testamento biologico

Torno da un incontro sul tema e devo confessare un po' di fastidio per chi vi si approccia con supponenza e pregiudizio delle intenzioni degli altri. Io sono intervenuto concludendo con questa bella prefazione di Sandro Spisanti al libro "Eutanasia?" di P. Verspieren pubblicato nel 1985.
"Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico …… dalla culla alla tomba …… Era già giunto all’ultima tappa prima della fine del viaggio. Giaceva in ospedale con un cuore definitivamente scassato, o un cancro metastatizzato o i reni bloccati: in una parola, era un “malato terminale”. Passò vicino a lui un medico: vide il “bel caso”. Mise a punto un accurato programma di ricerca e non trascurò nessun dettaglio della malattia, come risulta dall’articolo pubblicato nella rivista scientifica della sua specialità. E passò oltre, tranquillo in coscienza.
In seguito gli si accostò il cappellano d’ospedale. Gli fece un bel discorsetto sulla volontà di Dio la rassegnazione e la espiazione dei peccati; ascoltò la sua confessione e gli portò la comunione, in attesa di somministrargli l’ultimo sacramento.
Il malato fu preso in cura da un’ equipe medica efficientissima: fecero di tutto – col bisturi, le irradiazioni, i farmaci -, riuscendo a farlo vivere (“vivere”?) un paio di mesi oltre la media statistica di quei casi. E passarono oltre tranquilli in coscienza.
C’era nel reparto un’infermiera. Somministrava le medicine giuste al momento giusto, misurava la temperatura all’ora prescritta, portava il pranzo e aiutava il malato ad alimentarsi. Insomma faceva né più né meno che il suo dovere, ma riteneva suo dovere anche non sfuggire gli sguardi carichi di domande del malato, ascoltarlo, permettergli di esprimere la sua angoscia, cercare di alleviargli i malesseri grandi e piccoli. Gli dava più di semplici cure: si prendeva cura di lui. Quando l’agonia si concluse, era lei che stava lì a umettargli le labbra, ad asciugargli il sudore, a tenergli la mano.
Chi di loro secondo te si è comportato come prossimo per quell’uomo che era caduto nell’anticamera della morte?
“Quello che ha avuto compassione di lui”
Ecco, in questa parola "compassione" credo ci sia molto dei principi con cui affrontare il tema. Forse c'è tutto.