Perché dovremmo far festa per Pasqua? Se lo chiede don Giuseppe Dossetti jr su Europa del 7 aprile 2012. La risposta è un elogio della debolezza o meglio della necessità della compassione.
"È la compassione di Maria Maddalena l’inizio dell’incontro degli uomini
con il Risorto; senza quell’andare mattutino alla tomba, apparentemente
senza ragione, gli apostoli sarebbero ritornati alle loro reti, Pilato
avrebbe vinto e i sacerdoti sarebbero rimasti i custodi dell’ordine e
della pubblica moralità; peggio per i poveri e per quanti si erano
illusi che un mondo diverso fosse possibile.
Dunque, se non abbiamo
compassione per la sofferenza dell’uomo, non possiamo incontrare il
Risorto. Il pericolo odierno è proprio questo: ci stiamo abituando alla
sofferenza dell’uomo, non c’interessa, i luoghi del dolore non ci
attraggono, meglio le spiagge assolate o i locali rumorosi. È
inevitabile, allora, che la Pasqua non ci dica nulla.
I veri sepolcri
sono i cuori induriti, le pietre sono le etichette che applichiamo ad
altri uomini per tenerli fuori dalla nostra vita. Che senso può avere la
Pasqua per chi non si commuove davanti al barcone che affonda nel mare
di Sicilia, per chi guarda con curiosità o disprezzo le prostitute che
si offrono sulle strade, senza voler sapere quanta crudeltà e
umiliazione stanno dietro a quel miserabile spettacolo? Io apprezzo
coloro che vanno a trovare i malati, o gli anziani che vivono nelle case
di riposo. La gioia non può avere come prezzo la cecità di fronte al
dolore altrui: al contrario, è in questa amorosa e discreta
sollecitudine, nelle “opere di misericordia”, che inizia l’esperienza
della risurrezione."
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