Su Avvenire di oggi Andrea Galli presenta il sacerdote ceco Tomáš Halík. In patria è forse l’intellettuale cattolico più noto, anche per i suoi
libri di spiritualità indirizzati al grande pubblico. L’ultimo di
questi, Pazienza con Dio, è una meditazione sul problema dell’ateismo, o meglio sul
rapporto tra credenti e no che ruota attorno all’episodio dell’incontro
fra Gesù e Zaccheo narrato nel Vangelo di Luca.
Perché lei insiste sulla “pazienza” come farmaco per il sedicente e diffuso ateismo?«In
quello che scrivo cerco di condividere i frutti di un’esperienza lunga
una vita nel dialogo con i non credenti. Credo che la fede possa vincere
la miscredenza solo abbracciandola. Non dico a chi non crede “tu
sbagli”, ma piuttosto “manchi di pazienza e la tua verità resta
parziale”. L’ateismo convenzionale, così come l’entusiasmo religioso o
il fondamentalismo, sono in fondo entrambi il frutto di una visione
semplicistica di Dio e dell’esistenza. Misteri per addentrarsi nei quali
è necessario avere pazienza. La fede, la speranza e la carità sono tre
vie di pazienza di fronte al Dio silenzioso e nascosto».
«Penso che l’architettura di piazza San Pietro ci insegni una cosa: che
la Chiesa deve essere una Chiesa aperta. I cristiani devono chiamare
“per nome” coloro che sono in ricerca – come Gesù ha fatto con Zaccheo –
e dire loro: vorrei entrare nella tua casa, venirti vicino. Se la
Chiesa si concentrasse solo sui suoi membri pienamente integrati
diventerebbe lentamente una setta. Io cerco di comunicare con coloro che
sono in ricerca e mostrare loro che la fede non è un’ideologia. La fede
e il dubbio, ossia la ragione critica, sono come fratelli che devono
correggersi a vicenda. La fede senza la ragione è pericolosa, può
portare al fanatismo e alla violenza, mentre la “pura ragione” senza
alimento etico e spirituale dalle profondità della fede conduce al
cinismo»
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