Leggo su Avvenire di oggi, in un articolo di Lorenzo Fazzini, la storia di due personaggi forse un po' atipici: un manager che si occupa di valori spirituali e un monaco interessato alle dinamiche aziendali.
Jochen Zeitz è stato un prodigio dell’economia
europea: a 30 anni era il più giovane capo di un’azienda tedesca quotata
in Borsa e per 18 anni (fino a marzo scorso) è stato amministratore
delegato delle nota casa di abbigliamento sportivo Puma.
Anselm
Grün invece è monaco benedettino e uno degli autori cristiani di lingua
tedesca più letti al mondo.
Si conoscono e si confrontano. Un dialogo con molte affinità da cui è nato il libro Dio, i soldi e la coscienza.
Entrambi, il religioso e il 'colletto bianco',
propugnano una forte preoccupazione per l’altro, per la società, per
l’ambiente, angosciati da quella crisi economica che ha mandato in
bancarotta Stati, banche e famiglie. «Un dato di fatto sta convincendo
sempre più manager a riflettere sull’esigenza di cambiare rotta» annota
Zeitz.
Grün ne è convinto: «Molte persone ai vertici d’impresa
sentono che non si può andare avanti a lungo senza valori. Un ambiente
in cui si calpesta la persona, e se stessi, scredita in fretta
un’azienda: il capitale vacilla, le persone perdono qualsiasi senso di
appartenenza. E l’impresa collassa».
«La sostenibilità esige un fondamento religioso – scrive il monaco –.
Il ragionamento non offre motivi sufficienti per avviare un’economia
sostenibile, come si è visto negli ultimi 30 anni. Ecco perché occorre
una dimensione religiosa che mostri la natura
come qualcosa che è sottratto al nostro dominio assoluto perché è stata
creata da Dio». Gli fa eco Zeitz: «Vorrei poter approfondire la
tematica con economisti e ecologisti. Si tratta del tentativo di
includere, nella colonna dei costi, anche l’utilizzo e la trasformazione
del 'capitale naturale' della Terra. I proventi dell’attività
capitalistica vanno ai privati, i danni ecologici o sociali che essa
provoca non vengono pagati dai responsabili o dalle aziende, ma dalla
società. Noi uomini diamo per scontata l’esistenza del 'capitale
naturale': aria, acqua, terra, minerali, elementi chimici, i cicli
naturali». E di nuovo, con un esempio che
calza a pennello in quest’epoca di crisi finanziaria: «Sono in gioco le
leggi stesse della natura. Si può emettere più moneta per salvare una
banca, ma non si può emettere più vita per salvare un pianeta» annota
Zeitz, autore della rinascita della Puma, condotta anche secondo
standard etici di cui il 'Puma Safe' (sigla per 'responsabilità
sociale ed ecologica') è stato il nerbo. Insomma, ci vuole un sussulto
da parte di umanisti ed economisti per ridare il giusto spazio nella
prassi economica all’elemento religioso. Su questo Grün è tagliente:
«Quando l’economia scarica sulle organizzazioni religiose la tutela
dei disoccupati, compie un atto illegittimo. L’economia deve contenere
al proprio interno gli stessi valori che diffonde la religione. Sarebbe
troppo comodo se la missione delle religioni si riducesse a 'mettere i
cerotti' sulle ferite provocate dall’economia».
venerdì 23 settembre 2011
martedì 13 settembre 2011
L'intransigenza 'irragionevole' di Capitini
Aldo Capitini, inventore della marcia Perugia-Assisi e 'filosofo' della nonviolenza in Italia affermava:
«Quando incontro una persona, e anche un semplice animale, non posso ammettere che poi quell’essere vivente se ne vada nel nulla, muoia e si spenga, prima o poi, come una fiamma.
Mi vengono a dire che la realtà è fatta così, ma io non accetto. E se guardo meglio, trovo anche altre ragioni per non accettare la realtà così com’è ora, perché non posso approvare che la bestia più grande divori la bestia più piccola, che dappertutto la forza, la potenza, la prepotenza prevalgano: una realtà fatta così non merita di durare. È una realtà provvisoria, insufficiente, ed io mi apro ad una sua trasformazione profonda, ad una sua liberazione dal male nelle forme del peccato, del dolore, della morte. Questa è l’apertura religiosa fondamentale, e così alle persone, agli esseri che incontro, resto unito intimamente per sempre qualunque cosa loro accada, in una compresenza intima, di cui fanno parte anche i morti [...]»
«Quando incontro una persona, e anche un semplice animale, non posso ammettere che poi quell’essere vivente se ne vada nel nulla, muoia e si spenga, prima o poi, come una fiamma.
Mi vengono a dire che la realtà è fatta così, ma io non accetto. E se guardo meglio, trovo anche altre ragioni per non accettare la realtà così com’è ora, perché non posso approvare che la bestia più grande divori la bestia più piccola, che dappertutto la forza, la potenza, la prepotenza prevalgano: una realtà fatta così non merita di durare. È una realtà provvisoria, insufficiente, ed io mi apro ad una sua trasformazione profonda, ad una sua liberazione dal male nelle forme del peccato, del dolore, della morte. Questa è l’apertura religiosa fondamentale, e così alle persone, agli esseri che incontro, resto unito intimamente per sempre qualunque cosa loro accada, in una compresenza intima, di cui fanno parte anche i morti [...]»
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