venerdì 23 settembre 2011

Manager e monaco a confronto per una nuova etica aziendale

Leggo su Avvenire di oggi, in un articolo di Lorenzo Fazzini, la storia di due personaggi forse un po' atipici: un manager che si occupa di valori spirituali e un monaco interessato alle dinamiche aziendali.
Jochen Zeitz è stato un prodigio dell’economia europea: a 30 anni era il più giovane capo di un’azienda tedesca quotata in Borsa e per 18 anni (fino a marzo scorso) è stato amministratore delegato delle nota casa di abbigliamento sportivo Puma.
Anselm Grün invece è monaco benedettino e uno degli autori cristiani di lingua tedesca più letti al mondo.
Si conoscono e si confrontano. Un dialogo con molte affinità da cui è nato il libro Dio, i soldi e la coscienza.

Entrambi, il religioso e il 'colletto bianco', propugnano una forte preoccupazione per l’altro, per la società, per l’ambiente, angosciati da quella crisi economica che ha mandato in bancarotta Stati, banche e famiglie. «Un dato di fatto sta convincendo sempre più manager a riflettere sull’esigenza di cambiare rotta» annota Zeitz.
Grün ne è convinto: «Molte persone ai vertici d’impresa sentono che non si può andare avanti a lungo senza valori. Un ambiente in cui si calpesta la persona, e se stessi, scredita in fretta un’azienda: il capitale vacilla, le persone perdono qualsiasi senso di appartenenza. E l’impresa collassa». 


 «La sostenibilità esige un fondamento religioso – scrive il monaco –. Il ragionamento non offre motivi sufficienti per avviare un’economia sostenibile, come si è visto negli ultimi 30 anni. Ecco perché occorre una dimensione religiosa che mostri la natura come qualcosa che è sottratto al nostro dominio assoluto perché è stata creata da Dio». Gli fa eco Zeitz: «Vorrei poter approfondire la tematica con economisti e ecologisti. Si tratta del tentativo di includere, nella colonna dei costi, anche l’utilizzo e la trasformazione del 'capitale naturale' della Terra. I proventi dell’attività capitalistica vanno ai privati, i danni ecologici o sociali che essa provoca non vengono pagati dai responsabili o dalle aziende, ma dalla società. Noi uomini diamo per scontata l’esistenza del 'capitale naturale': aria, acqua, terra, minerali, elementi chimici, i cicli naturali». E di nuovo, con un esempio che calza a pennello in quest’epoca di crisi finanziaria: «Sono in gioco le leggi stesse della natura. Si può emettere più moneta per salvare una banca, ma non si può emettere più vita per salvare un pianeta» annota Zeitz, autore della rinascita della Puma, condotta anche secondo standard etici di cui il 'Puma Safe' (sigla per 'responsabilità sociale ed ecologica') è stato il nerbo. Insomma, ci vuole un sussulto da parte di umanisti ed economisti per ridare il giusto spazio nella prassi economica all’elemento religioso. Su questo Grün è tagliente: «Quando l’economia scarica sulle organizzazioni religiose la tutela dei disoccupati, compie un atto illegittimo. L’economia deve contenere al proprio interno gli stessi valori che diffonde la religione. Sarebbe troppo comodo se la missione delle religioni si riducesse a 'mettere i cerotti' sulle ferite provocate dall’economia». 

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